Il gabbiano
[1995]
La trilogia generazionale iniziatasi con “Al Mattino Era Notte” e proseguita con “Donna di carta velina”, ovvero le utopie del ’68 e la successiva generazione della droga, si conclude col Gabbiano, romanzo nel quale ecco riapparire Silvano Allegri che dunque non è morto, ma soltanto si è rifugiato in un ignoto paesino di spiaggia e mare, dove vive appartato fuori da giornali, televisione, contatti pubblici, in silenzio, amico soltanto del vecchio parroco e del pescatore Marin, emblema del solitario assoluto.
Ma nel paese del Gabbiano, per altra strada e altra scelta, dopo la morte di Dario, il giovane ucciso dagli spacciatori perché aveva saputo riprendere, grazie a lei, una vita normale e sana, prende casa, meglio, fa rivivere la vecchia casa paterna, Vera, anche lei fuggita, non vuol più saperne delle depravazioni moderne, del mondo egoista, e cerca il silenzio di una vita semplice.
Ma quando si conoscono, Silvano e Vera, cominciano a confrontare le rispettive solitudini, ed ecco che se le donano e se le scambiano, fino a quando vivono insieme… Lei vorrebbe che Silvano partecipasse almeno alla vita del paese, alle problematiche della piccola comunità, lui però non ne vuol sapere. Ma chi nasce utopista utopista muore, e le sue utopie sono salvezza e morte, e le persone come Silvano e Vera, il vecchio pescatore Marin e il vecchio parroco, non sapranno mai, in realtà, nascondersi e rifiutarsi… Chissà…